Covid-19 le vere differenze tra mascherine chirurgiche FFP2 e FFP3

Le vere differenze tra mascherine coopwell.it Cagliari Sardegna

Articolo a cura di

Roberto Müller

Iscritto all’Ordine degli Ingegneri di Cagliari, RSPP (Responsabile per il Servizio di Prevenzione e Protezione)  certificato dallo stesso Ordine

Il Coronavirus alias Covid-19 alias Sars-Cov-2 ha indubbiamente stravolto le vite noi tutti e del resto del pianeta, con la sua pandemia del tutto inattesa, seppur in anno bisestile: nota per i più superstiziosi.

Questo articolo ha uno scopo ben preciso: fare chiarezza sulle differenze tra le varie mascherine perché tra televisione, quotidiani e social media siamo inondati di informazioni … spesso fuorvianti.

Sfatiamo subito un falso mito: indossare una maschera protettiva NON garantisce a nessuno di rimanere immune al contagio. Se fosse così nessun medico sarebbe morto, mentre invece purtroppo i caduti sono oltre 100, solo in Italia. E’ senz’altro vero che invece aiutano tantissimo e sono di fatto indispensabili per ridurre al massimo le possibilità di contagio. Come vedremo, moltissimo dipende dalla scelta e da come le utilizziamo.

Io sono ingegnere ed RSPP, mi occupo di sicurezza per le aziende e pertanto in questo articolo descriverò le mascherine dal punto di vista delle loro principali caratteristiche tecniche e funzionali, usando linguaggio semplice, privo di tecnicismi, ed immagini create ad hoc per raggiungere il pubblico più vasto possibile. Farò anche delle semplificazioni su molti aspetti, per rendere più chiaro e comprensibile il discorso: chiedo venia fin d’ora ai puristi dei tecnicismi, sperando che convengano con me che è fatto per una buona causa.

In questo articolo non si parlerà di virus, epidemia e pandemia, modalità di contagio o altri aspetti di questo tipo perché quelle competenze le hanno i medici, ai quali va tutto il ringraziamento mio e dell’azienda Well di cui mi onoro di esser socio, per la grandiosa opera di protezione che stanno facendo per tutti noi.

Ora qualcuno potrebbe subito pensare:

1) Chi è titolato per parlare di mascherine con cognizione di causa?

Iniziamo a far chiarezza proprio da questo aspetto, che è un pò alla base di tutto: coloro che hanno il titolo di RSPP, come il sottoscritto, per legge (D.Lgs. 81/2008, “art. 33 – Compiti del servizio di prevenzione e protezione”) hanno il dovere di provvedere “… all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro“, nonché ” … ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure …“.  In sintesi, l’RSPP è colui che valuta tutti i rischi (compresi quelli biologici) negli ambienti di lavoro, poi fornisce tali risultati come elementi costituenti il Documento di Valutazione Rischi – DVR (che spesso scrive direttamente), che infine deve firmare insieme al datore di lavoro, assumendo, ciascuno, le proprie responsabilità civili e penali. Tra le misure protettive presenti, citate prima, c’è anche la scelta dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), tra cui ricadono i guanti e le mascherine protettive. Tra queste ci sono anche le oramai famose FFP2 e FFP3, ma non quelle chirurgiche, sulle quali torneremo.

2) Le mascherine chirurgiche sono quindi DPI?

La risposta migliore la fornisce direttamente l’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) nel seguente interessante articolo sulla Protezione delle vie respiratorie, da cui estrapolo questa chiarissima definizione:

Non sono DPI le “mascherine chirurgiche” o “igieniche” sprovviste di filtro di cui alla norma UNI EN 14683, comunemente impiegate in ambito sanitario e nell’industria alimentare. Queste infatti appartengono alla categoria dei dispositivi medici e non proteggono l’operatore, bensì il paziente o l’alimento dalle possibili contaminazioni.

Questa è la valutazione in condizioni normali di lavoro. Tuttavia, in virtù del DPCM del 17 Marzo 2020, per via dell’eccezionalità del momento storico è stata definita la seguente deroga, all’art. 16 punto 1 del suddetto DPCM:

Art. 16 (Ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettivita’)

1. Per contenere il diffondersi del virus COVID-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, sull’intero territorio nazionale, per i lavoratori che nello svolgimento della loro attivita’ sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso e’ disciplinato dall’articolo 34, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.

Pertanto tutte le mascherine qui descritte (chirurgiche, FFP2, FFP3), sono considerate utili al contenimento dei contagi da Coronavirus. L’articolo presente intende illustrare con trasparenza tecnica punti di forza e debolezza di ciascuna di esse per usarla al meglio in ogni possibile contesto: dall’uso per far la spesa al supermercato all’utilizzo in una casa di riposo per anziani.

3) Che differenza c’è quindi tra le mascherine FFP2, FFP3 e chirurgiche?  

Ripartiamo dal fatto che la mascherina chirurgica NON è, in condizioni normali, un DPI perché “non protegge l’operatore bensì il paziente“. Perché? La mascherina chirurgica ha il compito di impedire che l’espirazione del chirurgo possa giungere direttamente fino al paziente che è sottoposto ad intervento, ragionevolmente con una parte del  suo corpo aperta, quindi priva della barriera formata dall’epidermide che normalmente ci protegge efficacemente dagli agenti biologici (batteri e micro-organismi in generale). Si tratta quindi a tutti gli effetti di uno schermo, sterile, che devia il flusso di aria che esce da bocca e naso e li rimanda, di fatto, indietro rispetto chirurgo, proteggendo il paziente che è davanti. Tutti avranno notato che in effetti tale mascherina non è a tenuta stagna, non ha guarnizioni, non aderisce perfettamente al volto, ma mantiene numerosi vistosi varchi (ai lati del naso, sotto il mento, ai lati delle guance) dai quali entra ed esce l’aria per consentire la respirazione di chi la indossa.

ATTENZIONE: questo implica che chi la indossa, se si trova davanti un contagiato che tossisce o starnutisce, NON è detto che sia protetto sufficientemente, perché la maschera nasce per proteggere gli altri. Se il colpo di tosse o starnuto arriva mentre si è in fase di inspirazione … lo capite da soli! Risulta quindi fondamentale, a seconda del tipo di lavoro, abbinare all’uso di questa mascherina anche l’uso della distanza di sicurezza oppure l’uso reciproco delle mascherine, in modo che pur operando a distanza ravvicinata le diverse persone siano tutte in reciproca sicurezza. Questo può risultare particolarmente importante quando si fa assistenza domiciliare o si lavora in comunità alloggio per anziani

mascherina chirurgica - analisi comparativa coop well sardegna
mascherina chirurgica
flussi di aria (mai filtrata) in espirazione (rosso) ed inspirazione (blu)

Le mascherine FFP2 e FFP3 nascono per scopi diametralmente opposti rispetto a quella chirurgica, ossia servono a proteggere chi le indossa e non le persone che stanno intorno. Ma come è possibile? Questo tipo di mascherine, che sono ufficialmente DPI, sono progettate appositamente per aderire quanto più possibile al volto di chi le indossa, grazie alla forma anatomica ed all’uso di guarnizioni interne. L’aderenza è necessaria per garantire che l’aria che viene inspirata da chi le indossa NON passi dai lati, come avviene per la chirurgica, ma passi quasi esclusivamente (il più possibile) dalla parte filtrante della mascherina, al fine di garantire aria pulita ai polmoni. In fase di espirazione, una valvola specifica provvede a far uscire velocemente l’aria verso l’esterno senza alcuna azione filtrante.

ATTENZIONE: questo implica che se è indossata da una persona contagiata, consapevole o meno di esserlo, sarebbe  quasi equivalente a NON avere nessuna maschera e questo vale soprattutto se la valvola è frontale. Leggermente diverso è per le valvole laterali che indirizzano l’espirazione in altre direzioni escludendo quella frontale.

mascherina FFP3
mascherina FFP3
FFP3 con valvola frontale. Flussi di aria in espirazione non filtratata (rosso) ed inspirazione (blu) filtrata per la indossa

4) Cosa significano le sigle FFP2 e FFP3?

A livello internazionale i Dispositivi di Protezione Individuale devono rispondere a rigorosi standard di progettazione e realizzazione. Esistono molteplici tipologie di maschere protettive di diversissime forme, dimensioni, materiali e costi. Quelle che interessano a noi, proteggono le vie respiratorie (quindi naso e bocca) da aerosol, fumo e polveri fini sia acquose che oleose, secondo la normativa europea DIN EN 149.

ATTENZIONE che queste mascherine non proteggono da vapori o gas: per queste tipologie ci sono ben altre maschere, come quelle usate per l’uso di fitofarmaci in agricoltura

maschera per uso di fitofarmaci
maschera per uso di fitofarmaci

Ogni tipo di mascherina nasce per fornire protezione specifica per un qualche elemento biologico o fisico specifico. Quelle denominate FFP fanno parte della categorie delle Filtering Face Piece, ossia delle maschere filtranti, che a loro volta sono suddivise in tre classi di protezione: FFP1 FFP2 FFP3. La differenza tra queste classi sta nella capacità crescente (3 maggiore di 2 che è maggiore di 1) di filtrare l’aria verso i polmoni della persona: questa capacità tecnicamente è detta perdita totale ed è legata alla qualità dell’elemento filtrante e alla tenuta delle guarnizioni sul viso.

La FFP1 deve fornire una perdita totale al massimo del 25%: vuol dire che filtra almeno il 75% dell’aria in entrata

La FFP2 deve fornire una perdita totale al massimo del 11%: vuol dire che filtra almeno l’89% dell’aria in entrata

La FFP3 deve fornire una perdita totale al massimo del 5%: vuol dire che filtra almeno il 95% dell’aria in entrata.

Tutte filtrano elementi molti piccoli, fino a frazioni di micron: 1 micron è uguale ad un millesimo di millimetro, un globulo rosso è largo 8 micron, un capello 70 micron. Tuttavia, la FFP3 è l’unica, tra queste tipologie di maschere, prevista per filtrare l’aria in presenza di agenti biologici (batteri, virus): questo in virtù delle basse perdite che le consentono di filtrare quasi completamente tutta l’aria.

ATTENZIONE: come già indicato più volte, l’efficacia delle maschere FFP sta nella loro capacità di aderire al volto per ridurre le perdite totali. Va da se che comprare una costosa FFP3, unica certificata in grado di proteggere da virus, per poi indossarla con la barba lunga …

FFP3 con valvola (in rosso): vista della parte esterna
FFP3 con valvola (in rosso): vista della parte esterna
FFP3 con valvola: vista interna con evidenza della guarnizione in grigio
FFP3 con valvola: vista interna con evidenza della guarnizione in grigio

5) Ma esiste una mascherina che protegga sia chi la indossa che chi è di fronte?

Si, certo: è la FFP3 senza valvola che abbiamo lasciato per ultima, in quanto l’intero articolo si sviluppa per potere protettivo crescente. Questo tipo di mascherina ha il pregio di sfruttare il potere filtrante bidirezionale del tessuto che la compone, consentendo di superare i limiti classici delle loro versioni con valvola. Si tratta pertanto della maschera protettiva, DPI, più efficace tra tutte quelle suggerite dalle misure contenitive del governo. Sono numerose le aziende che le producono.

Mascherina FFP3 senza valvola
Mascherina FFP3 senza valvola
Mascherina FFP3 senza valvola, vista esterna ed interna
Mascherina FFP3 senza valvola, con vista dall'esterno e dall'interno

6) Come si mantengono igienicamente pulite le mascherine?

Per le mascherine monouso o usa e getta, il problema non si pone. Per quelle invece riutilizzabili è bene seguire scrupolosamente le indicazioni del produttore.

In generale, distinguiamo tra lavare e disinfettare:

  • possiamo lavarci le mani con il semplice sapone, secondo le indicazioni e la durata previste dal Ministero della Salute. In questo caso laviamo via l’eventuale presenza del virus, ma senza ucciderlo direttamente. Morirà da solo entro, al più, qualche giorno se non riesce a rientrare in un corpo umano
  • possiamo disinfettare un oggetto, qualunque esso sia, ossia uccidere il virus eventualmente presente, utilizzando composti a base di ipoclorito. Candeggina e Varecchina sono due classici nomi commerciali di ipoclorito al 5% e vanno benissimo. L’Amuchina è un prodotto più leggero, più diluito, sempre di ipoclorito, e funziona tranquillamente, limitando odore e sbiancamento di tessuti.